Ordinanza Corte di Cassazione n. 15477/2022

In ogni ipotesi di scissione, sia essa parziale o totale, per i debiti fiscali della società scissa, anteriori alla scissione, rispondono solidalmente e illimitatamente tutte le società partecipanti all’operazione...

Quando sia realizzata un'operazione di scissione parziale, la responsabilità per i debiti fiscali riguardanti gli anni di imposta ad essa antecedenti delineata dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 173, comma 13, dalla L. n. 537 del 1993, art. 16, comma 12, e dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 15, comma 2, diverge, anche quanto all'Iva, da quella riguardante le obbligazioni civili, soggette invece ai limiti di cui all'art. 2506-bis c.c., comma 2, e art. 2506-quater c.c., comma 3, in quanto, fermi gli obblighi erariali in capo alla scissa e alla designata, si estende non solo solidalmente, ma anche illimitatamente a tutte le società partecipanti all'operazione, indipendentemente dalle quote di patrimonio assegnato con essa, questo il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 15477 del 16 maggio 2022.

La vicenda posta all’attenzione della Suprema Corte origina da un avviso di accertamento notificato alla società beneficiaria, mediante l’assegnazione di una quota di patrimonio netto, di una scissione parziale in relazione ad Iva dichiarata e non versata dalla società scissa per l’anno di imposta 2008.

L’avviso di accertamento veniva impugnato dalla società beneficiaria che otteneva il favore delle Commissione Tributaria sia in primo che in secondo grado. A ben vedere, la CTR della Campania respingeva il ricorso dell’Agenzia statuendo che “la normativa fiscale, con particolare riguardo al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 173, commi 12 e 13, distingue tra scissione parziale e scissione totale, prevedendo, nel caso di scissione parziale, che degli obblighi tributari, e comunque di quelli relativi ai periodi di imposta anteriori alla data di effetto della scissione, risponda la società scissa”.

L’Agenzia ha dunque proposto ricorso in Cassazione lamentando il mancato riconoscimento da parte del giudice di appello della responsabilità solidale paritetica della società beneficiaria della scissione parziale in relazione al debito Iva maturato dalla scissa.

La tesi dell’Ufficio ha trovato accoglimento. La Corte ha preliminarmente ricordato come la disposizione di cui all’art. 2506-bis, comma 3, c.c. che limita la responsabilità della società scissa e della società beneficiarie al valore del patrimonio netto attribuito a seguito dell’operazione non possa trovare riscontro nell’ordinamento tributario. La Corte poi, seppur riconoscendo il significato ondivago dell’art. 173, commi 12 e 13, d.P.R. n. 917/1986, ne ha disposto un’interpretazione costituzionalmente orientata: degli obblighi della società scissa, riferibili a periodi di imposta anteriori alla data di efficacia della scissione, risponde non soltanto la stessa, ma anche la società beneficiaria. A ciò si aggiunga che l’art. 15, comma 2, del d.lgs. n. 472/97 stabilisce espressamente un’obbligazione solidale tra società scisse per il pagamento delle somme dovute per le violazioni commesse anteriormente alla data dell’operazione.

La responsabilità solidale non può trovare quindi applicazione limitatamente ai casi di scissione totale poiché “sarebbe difatti priva di giustificazione una differenziazione, quanto ai crediti tributari, tra società beneficiarie secondo che la scissione sia totale o parziale, posto che né del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 15 né, più in generale, la disciplina codicistica (stabilita dai richiamati art. 2506-bis c.c., comma 3, e art. 2596-quater c.c., comma 3) operano tale distinzione”. La Corte continua affermando che “Considerazioni analoghe non possono che valere anche quanto all'interpretazione della L. n. 537 del 1993, art. 16, comma 12 a norma del quale "In caso di scissione totale non comportante trasferimento di aziende o complessi aziendali, gli obblighi ed i diritti derivanti dall'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto per le operazioni effettuate dalla società scissa, compresi quelli relativi alla presentazione della dichiarazione annuale della società scissa e al versamento dell'imposta che ne risulta, devono essere adempiuti, con responsabilità solidale delle altre società beneficiarie, o possono essere esercitati dalla società beneficiaria appositamente designata nell'atto di scissione; in mancanza si considera designata la beneficiaria nominata per prima nell'atto di scissione". In tale contesto i Giudici rilevano come un’eventuale distinzione tra scissione parziale e scissione totale risulterebbe maggiormente ingiustificata giacché si finirebbe per riconoscere una tutela meno ampia al fisco proprio per un tributo armonizzato, com'è l'Iva, che drena risorse dell'Unione. A parere della Corte la giustificazione di tale divergenza rispetto alla disciplina civilistica si rinviene nella necessità di accrescere le garanzie del fisco, creditore della scissa.

La decisione assunta dalla Corte non può che essere condivisa risultando questa conforme non solo al diritto unionale ma, altresì, all’orientamento espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 90/18 la quale ha escluso una piena equiparazione di trattamento tra l’inadempimento delle obbligazioni civili e di quelle tributare, sia in ragione della specialità dei crediti tributari sia in relazione all’esigenza di evitare che l’operazione di scissioni possa risultare pregiudizievole all’amministrazione.

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