Ordinanza della Corte di Cassazione n. 30011 del 13 ottobre 2022

Con l’ordinanza n. 30011 del 13 ottobre 2022, la Corte di Cassazione ha ribadito che a seguito dell'estinzione della società, le sanzioni amministrative a carico di quest'ultima per la violazione di norme tributarie non sono trasmissibili ai soci ed al liquidatore.

Con l’ordinanza n. 30011 del 13 ottobre 2022, la Corte di Cassazione ha ribadito che a seguito dell'estinzione della società, le sanzioni amministrative a carico di quest'ultima per la violazione di norme tributarie non sono trasmissibili ai soci ed al liquidatore.

In particolare, nel caso di specie, il contribuente proponeva ricorso in Cassazione avverso la sentenza di CTR che, oltre che riconoscere il debito Iva del contribuente nei confronti dell'Amministrazione finanziaria, quale socio titolare della quota pari al 50% del capitale della società estinta, aveva riconosciuto nei suoi confronti l'applicabilità delle sanzioni elevate nei confronti della società medesima.

La Suprema Corte, nell’accogliere il ricorso, ha anzitutto ricordato come “la disciplina dettata dal d.lgs. n. 472 del 1997, a quasi settant'anni dalla prima legge generale sulle sanzioni fiscali -I. 7 gennaio 1929, n. 4- aveva introdotto un innovativo sistema organico, attento alle condizioni soggettive del trasgressore, più vicina dunque ai principi penalistici, così valorizzando criteri di personalizzazione della sanzione, con abbandono di quelli automatici. Va anche evidenziato che la disciplina è stata ulteriormente innovata dal d.l. 30 settembre 2003, n. 269, c:onvertito in I. 24 novembre 2003, n. 326, in vigore dal 2 ottobre 2003. Ma anche volendo prescindere da tale novella, già con riferimento alle regole dettate dall'art. 11 del d.l. n. 472 del 1997 occorreva comunque verificare la corretta applicazione della sanzione al caso concreto, atteso che persino il ruolo di vertice rivestito nell'organizzazione sociale non comportava il sistematico riconoscimento di responsabilità sanzionabile in capo al medesimo soggetto, per violazioni incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo (cfr. Cass., 25 febbraio 2021, n. 5164). Il principio è tanto più significativo se rapportato alla posizione del mero socio, del quale non emerge che abbia mai assunto in seno alla società alcuna posizione di responsabilità”. Fatta questa premessa, la Corte ha richiamato la propria giurisprudenza in materia, secondo cui le sanzioni “tributarie non sono trasmissibili ai soci ed al liquidatore, trovando applicazione l'art. 8 del d.lgs. n. 472 del 1997, che sancisce l'intrasmissibilità delle stesse agli eredi, in armonia con il principio della responsabilità personale, codificato dall'art. 2, comma 2 , del detto decreto, nonché, in materia societaria, con l'art. 7, comma 1, del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni in I. n. 326 del 2003, che ha introdotto la regola della riferibilità esclusiva alle persone giuridiche delle sanzioni amministrative tributarie (Cass., 7 aprile 2017, n. 9094), salvo ipotesi di corresponsabilità”, concludendo con l’affermare che l'estinzione della società prima della notifica dell'avviso d'accertamento perfeziona un fenomeno successorio nei riguardi dei soci quanto alle imposte, non invece alle sanzioni, che restano intrasmissibili.

Con l’ordinanza in commento, dunque, che si va ad aggiungere alle sentenze n. 9094/2017 e 29112/2021, appare in via di consolidamento l’orientamento della Suprema Corte volto ad affermare l’intrasmissibilità delle sanzioni per violazioni tributarie, sulla base di una lettura unitaria dell'art. 8 del d.lgs. n. 472 del 1997 e dell'art. 7, comma 1, del d.l. n. 269 del 2003.

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