Ordinanza n. 16954 del 25 maggio 2022

la Corte di Cassazione ha ribadito il principio secondo cui la residenza fiscale in Italia non può essere esclusa solo con l’avvenuta iscrizione del cittadino all’AIRE...

Con l’ordinanza n. 16954 del 25 maggio 2022, la Corte di Cassazione ha ribadito il principio secondo cui la residenza fiscale in Italia non può essere esclusa solo con l’avvenuta iscrizione del cittadino all’AIRE qualora il soggetto abbia nel territorio dello Stato il proprio domicilio, affermando in particolare come per domicilio debba intendersi la sede principale degli affari ed interessi economici, i quali prevalgono rispetto ai legami affettivi e familiari (elementi di natura morale o personale).

Il caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte traeva origine dall’impugnazione da parte di un contribuente persona fisica, iscritta all’AIRE, residente in Svizzera di tre avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate con cui l’Amministrazione aveva proceduto a recuperare l’IRPEF e l’IRAP relativa gli anni di imposta 2009, 2010 e 2011. Impugnati i predetti avvisi il contribuente è risultato soccombente in entrambi i gradi di merito. Ed in particolare, la CTR Liguria, riuniti gli appelli proposti dal contribuente, ha rigettato le impugnazioni ritenendo che il contribuente fosse fiscalmente residente in Italia nonostante l’iscrizione all’AIRE e il suo “formale” trasferimento in Svizzera. Ciò in quanto sulla base degli elementi fattuali evidenziati dall’Amministrazione finanziaria ossia la disponibilità da parte del contribuente di una imbarcazione da diporto in Italia, le movimentazioni bancarie rilevate, la percezione di forti compensi in Italia; la disponibilità di studio professionale in Milano; l’effettuazione di numerose ‒ ed ingenti nel valore ‒ operazioni presso sportelli bancari italiani(che presuppongono una presenza fisica nel territorio del nostro Stato), poteva desumersi che nonostante il trasferimento in Svizzera il domicilio del contribuente si trovasse invero in Italia.

Avverso la decisione della Commissione Tributaria Regionale il contribuente ha adito il Giudice di legittimità lamentando, per quanto qui di interesse, “l’omesso esame del fatto che il coniuge e il figlio risiedevano in Svizzera”.

Ebbene, confermando la sentenza di merito, la Suprema Corte ha evidenziato che “[a]i fini dell'individuazione della residenza fiscale del contribuente deve farsi riferimento al centro degli affari e degli interessi vitali dello stesso, dando prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi è esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi”. In questo iter valutativo, prosegue la Suprema Corte, non rivestono un “ruolo prioritario, invece, le relazioni affettive e familiari, le quali rilevano solo unitamente ad altri criteri attestanti univocamente il luogo col quale il soggetto ha il più stretto collegamento”.

I giudici di legittimità hanno dunque condivisibilmente rilevato che per individuare il domicilio del contribuente ossia il luogo in cui lo stesso abbia il proprio centro degli affari e interessi vitali, non può essere valutato unicamente il paese in cui sono localizzati gli affetti e la famiglia, non potendo questi attrarre automaticamente la residenza fiscale del contribuente e dovendo, al contrario, tale criterio essere valutato unitamente a tutti gli altri criteri tra i quali, ovviamente, anche quelli di carattere economico e patrimoniale.

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