Risposta ad interpello n. 22 del 2022

Con la risposta ad interpello n. 22 del 2022, l’Agenzia delle Entrate ha confermato che i corrispettivi pagati da una società fiscalmente residente in Italia...

Con la risposta ad interpello n. 22 del 2022, l’Agenzia delle Entrate ha confermato che i corrispettivi pagati da una società fiscalmente residente in Italia ad una società residente in Australia a fronte del diritto di distribuzione in esclusiva di un farmaco sudi un determinato territorio senza riconoscimento del diritto di utilizzare formule o informazioni della società estera, non sono qualificabili ai fini convenzionali come royalties bensì come ordinari utili di impresa non assoggettabili a tassazione in Italia in assenza di una stabile organizzazione.  

Ad avviso del contribuente istante, i corrispettivi corrisposti alla società estera in virtù del contratto concluso tra le due società dovrebbero qualificarsi come redditi d'impresari conducibili all'ambito di applicazione dell'articolo 23 comma 1, lettera e) del TUIR e, non ricorrendo alcuna stabile organizzazione nel territorio dello Stato, non dovrebbero essere assoggettati ad imposizione alla fonte in Italia, neppure a titolo di ritenuta a titolo d'imposta. Ad avviso dello stesso, infatti, tale qualificazione sarebbe confermata anche dal contenuto del paragrafo 10.1. del Commentario all’art. 12 del Modello OCSE, secondo cui non si considerano royalties i pagamenti effettuati solamente in ragione dell'ottenimento di un diritto di distribuzione esclusiva di un bene o di un servizio in un determinato territorio, non assumendo rilevanza ai fini dell’applicabilità di tale chiarimento al caso di specie la circostanza che l’Italia abbia formulato sul punto una specifica “osservazione”. 

L’Agenzia delle Entrate, condividendo l’impostazione suggerita dal contribuente istante, ha confermato che “in considerazione del rapporto negoziale in essere tra le parti” i corrispettivi de quibus non possano qualificarsi come canoni ai fini dell'articolo 23, comma 2, lettera c) del TUIR e dell'articolo12 del Trattato”, atteso che tanto “la norma interna … nel regolare i criteri di territorialità, qualifica come canoni "i compensi per l'utilizzazione di opere dell'ingegno, di brevetti industriali e di marchi d'impresa nonché di processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico" quanto la disposizione recata dall’art. 12 del Trattato contro le doppie imposizioni tra Italia ed Australia “seppure con una formulazione più ampia comprendente anche le attrezzature commerciali, industriali e scientifiche (conforme a un testo più risalente del Modello OCSE)”, presuppongono che ricorra lo sfruttamento, a titolo oneroso, dei beni immateriali.

Diversamente, nel caso in esame, con il contratto concluso la società estera ha riconosciuto alla società italiana “il solo diritto di distribuzione esclusiva, nel territorio statunitense, del Prodotto sviluppato dall'istante”, e non anche il “diritto di utilizzare formule o informazioni industriali di ALFA, che rimane l'unica responsabile della produzione del Prodotto”. Con la conseguenza che tali corrispettivi, in assenza di una stabile organizzazione in Italia, non saranno assoggettabili a imposizione in Italia ma rientreranno nella potestà impositiva esclusiva australiana. In virtù del combinato disposto dell’art. 23, comma 1,lett. e), del TUIR e dell’art. 7 del Trattato contro le doppie imposizione tra Italia ed Australia, infatti, in materia di utili di impresa, è esclusa la tassazione nello Stato della fonte laddove il beneficiario non abbia in detto Stato una stabile organizzazione.

# royalties # utili di impresa # trattato doppie imposizioni

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