Risposta ad interpello n. 251 del 2023

l’Agenzia delle Entrate è tornata a pronunciarsi in tema di interposizione del trust, ribadendo il principio secondo cui ogniqualvolta il beneficiario...

Con la Risposta ad interpello n. 251 del 2023, l’Agenzia delle Entrate è tornata a pronunciarsi in tema di interposizione del trust, ribadendo il principio secondo cui ogniqualvolta il beneficiario può ingerire nella gestione del trust quest’ultimo non può considerarsi validamente operante sotto il profilo fiscale.

Nell’interpello in commento, l’Agenzia delle Entrate è stata chiamata a pronunciarsi sulla qualificazione di due differenti trust. Il primo trust, c.d. Family trust, era stato costituito in vita dal padre dell’Istante, che rivestiva anche la qualifica di beneficiario, oltre che di amministratore della società svolgente la funzione di trustee del medesimo. Alla morte del disponente, l’Istante, seguendo le volontà testamentarie, era subentrato nell’“esercizio delle funzioni relative al Family Trust”, pur non avendo mai assunto formalmente la qualifica di trustee. Ebbene, secondo l’Agenzia delle Entrate, “stante il ruolo di Beneficiario e di Cotrustee, quest'ultimo assunto per testamento unitamente alla proprietà della società a cui è affidato, formalmente, l'incarico di trustee, si ritiene che la natura di soggetto interposto del Family Trust in capo al Disponente non muta nemmeno rispetto all'Istante subentrato nella posizione del De cuius”.

Ad analoga conclusione l’Amministrazione perviene in relazione al secondo trust rappresentato, c.d. Testamentary trust, di cui l’Istante risulta formalmente essere Trustee, oltre che beneficiario. Quest’ultimo, costituito dal padre dell’Istante in sede testamentaria, risponderebbe “alla volontà del De cuius ''più volte manifestata in vita e condivisa con i propri figli'' di segregarvi, in modo prudenziale, i soli beni da destinare a beneficio del Figlio B, al fine di evitare che lo stesso possa dilapidare il patrimonio e i redditi a lui destinati, lasciando il controllo e l'amministrazione degli stessi ai suoi fratelli”, pertanto “tutti i proventi derivanti dagli assets segregati nel Testamentary Trust, nonché tutto il capitale segregato nel medesimo, saranno oggetto di attribuzione al solo Figlio B”. Sulla scorta di tali considerazioni, l’Istante ritiene che il trust sia da considerare come genuino, poiché egli riveste “solo ''formalmente'' le funzioni di Beneficiario e di Cotrustee”. Anche in tal caso, tuttavia, l’Agenzia delle Entrate si mostra del parere contrario, dando rilievo agli elementi fattuali da cui risulta che l’Istante può ingerire nella gestione del trust di cui formalmente è anche beneficiario.

L’Agenzia delle Entrate, mediante l’interpello in commento, ha richiamato i principi già espressi in precedenti documenti di prassi in merito alla qualificazione di un trust come interposto (Circolari nn. 43/E del 2009; 61/E del 2010; 28/E del 2012; 34/E del 2022), ribadendo che in tal caso il reddito di cui appare titolare il trust è assoggettato ad imposizione, per imputazione, direttamente in capo all'interponente residente in Italia secondo le categorie previste dall'art. 6 del Tuir, fermo restando il credito d'imposta per le imposte pagate all'estero in via definitiva dal trust, ai sensi dell'articolo 165 del Tuir, in proporzione al reddito dichiarato pro quota dall'Istante.

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