Risposta ad interpello n. 788 del 2021

Con la risposta ad interpello n. 788 del 24 novembre 2021, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che le persone fisiche residenti che detengono criptovalute in parte su wallet...

Con la risposta ad interpello n. 788 del 24 novembre 2021, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che le persone fisiche residenti che detengono criptovalute in parte su “wallet” presso un exchange estero ed in parte in un "hardware wallet"e in un "desktop wallet" con disponibilità diretta di chiave privata, da un lato, sono tenute ad assoggettare ad imposizione la plusvalenza che viene ad originarsi in caso di cessione di tali criptovalute come redditi diversi di natura finanziaria ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. c-ter)e comma 1-ter, del TUIR e, dall’altro, sono sempre tenute alla compilazione del quadro RW.

In particolare, l’Agenzia, rilevando l’assenza di una specifica normativa applicabile al sistema delle monete virtuale, richiama, ai fini dell’inquadramento della fattispecie sotto il profilo fiscale, la sua precedente risoluzione n. 72/E del 2016 e, così, la sentenza della CGUE del 22 ottobre 2015, causa C-264/14 – a cui, nell’attuale panorama normativo, deve essere riconosciuto il ruolo di “punto di riferimento sul piano della disciplina fiscale” di tali valute – secondo cui le operazioni relative alle valute virtuali rientrano tra le operazioni “relative a divise, banconote e monete con valore liberatorio” di cui all’art. 135,paragrafo 1, lett. e), della Direttiva 2006/112/CE. Dall’adesione alla prospettazione dei giudici europei, secondo l’Agenzia delle Entrate, deve conseguire che “ai fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche che detengono valute virtuali al di fuori dell'attività d'impresa, alle operazioni in valuta virtuale si applicano i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali”, ossia quelli recati dall’art. 67,comma 1-ter, del TUIR. Con la conseguenza che le cessioni “a termine” di valute virtuali rilevano sempre fiscalmente, mentre le cessioni “a pronti”(ossia, la transazione in cui si ha lo scambio contestuale di una valuta contro una valuta differente) generalmente non danno origine a redditi imponibili mancando la finalità speculativa, salva l'ipotesi in cui la valuta ceduta derivi da prelievi da “wallet” per i quali la giacenza media superi un controvalore di Euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d'imposta, ai sensi del combinato disposto degli art. 67,comma 1, lettera c-ter), e comma 1-ter del TUIR, risultando “agli effetti di quest'ultima disposizione, il prelievo dai wallet è equiparato ad una cessione a titolo oneroso”. Tale reddito diverso, se percepito da una persona fisica al difuori dell'esercizio di attività d'impresa, “è soggetto ad imposta sostitutiva ai sensi dell'articolo 5 del d.lgs. n. 461 del 1997, attualmente prevista nella misura del 26 per cento”. La posizione dell’Agenzia delle Entrate, laddove attribuisce rilevanza all’intento“ speculativo”, benché ormai consolidata (risoluzione n. 72/E del 2016 e risposta ad interpello n. 956-39/2018 della DRE Lombardia) non sembra, tuttavia, pienamente condivisibile. Come noto e come anche riconosciuto dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 165/E del 1998, infatti, la soppressione operata dal “nuovo” TUIR della “presunzione relativa …riguardante le plusvalenze conseguite mediante operazioni speculativeera stata operata proprio per disancorare la tassabilità dalla verifica dell’intento speculativo”.

Avendo riguardo, invece, agli obblighi di monitoraggio fiscale di cui all’art. 4 del d.l.167/1990, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito, anche richiamando la recente sentenza del TAR del Lazio n. 1077 del 27 gennaio 2020, che i soggetti titolari di valute virtuali sono obbligati ad indicare tali valute nel quadro RW del Modello Redditi PF, costituendo le criptovalute “attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia”. Tale obbligo sussiste, anche, nel caso in cui – come nel caso prospettato dall’istante – la persona fisica residente detenga valute virtuali per le quali abbia la disponibilità della chiave privata del “wallet”.

Infine, l’Agenzia delle Entrate ha correttamente rilevato che le criptovalute non sono soggette all’IVAFE “in quanto tale imposta si applica ai depositi e conti correnti esclusivamente di natura bancaria”.

Al di là di quanto sopra riportato in merito alla rilevanza dell’intento speculativo, in un’ottica di certezza, continua a ritenersi necessaria tanto l’introduzione di una definizione univoca delle “criptovalute” sotto il profilo civilistico quanto di una specifica disciplina per le stesse sotto il profilo fiscale.

# criptovalute # redditifinanziari # quadro RW

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